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4 chiavi per il cambiamento personale

Ci sono 4 chiavi che ci rendono amico il cambiamento, ci aiutano ad avere un atteggiamento proattivo ed energia per essere al passo con ciò che muta insieme a noi.Il cambiamento irrompe nella nostra zona di comfort e porta una differenza, una variazione significativa. Ci porta a fare qualcosa di diverso od a essere diversi, attivando una trasformazione incrementale o radicale che sia. Conoscere il cambiamento significa viverlo come la dimensione caratteristica dell’esistenza umana, per coglierne le opportunità che sono insite in ogni piccola, medio e grande modifica dello status quo.

Per poter comprendere il tema del cambiamento possiamo esplorare alcuni aspetti chiave che ci avvicinano alla natura complessa di questo concetto e ci rendono più familiare l’idea di essere persone in divenire, capaci di cambiare. Questi focus riguardano visione, innovazione, potenzialità e apprendimento. Vediamoli brevemente.

Visione

La prima delle 4 chiavi per il cambiamento è la Visione, ovvero il quadro del futuro. Trovare la nostra direzione ci ispira e ci guida nelle nostre decisioni, come se disponessimo di un faro che ci indica la via e ci dice quali scelte sono da fare.

La gestione del cambiamento riguarda il processo attraverso cui siamo consapevoli della condizione del nostro presente percepito e ci orientiamo verso la situazione del futuro desiderato. È una transizione che ci trasporta nella nostra sfera dell’autorealizzazione situata in un orizzonte lontano che però ispira il nostro sguardo e ci trasmette energia positiva.

La visione è una immagine ricca di dettagli che ci mostra come abbiamo raggiunto i nostri obiettivi e le nostre mete. La tua dichiarazione di visione è come una tela da dipingere, puoi scriverla oppure disegnarla, raccontarla a persone a te vicine, in ogni caso stai articolando i tuoi progetti da realizzare nel futuro. Può aiutarmi una mindmap su un foglio di carta per definire l’intera visione, comprese azioni, risorse, opportunità e sfide. La visione deve essere semplice da condividere e deve ispirare l’azione! Senza quest’ultima, senza generare attivazione e iniziativa abbiamo solo un sogno ad occhi aperti.

Innovazione

La seconda delle 4 chiavi per il cambiamento è l’innovazione. Per immaginare un futuro diverso dobbiamo pensare ad un futuro che abbia i tratti del nuovo. Riprendendo gli spunti e l’analisi di Luciano Martinoli per “novazione” (termine tecnico molto noto in ambito giuridico) si intende: “… la capacità di far del nuovo, creare innovazione radicale, quello che il mondo anglosassone indica come breakthrough innovation”. L’innovazione invece è la novazione all’interno di qualcosa, indicata dal prefisso “in”, un miglioramento dell’esistente.

Sono evidenti le relazioni fra l’abitudine e la paura di cambiare. Si ha timore di uscire dal sentiero del noto e rassicurante. Si ha paura di ciò che è “abitualmente” considerato pericoloso o minaccioso, anche quando un minimo di approfondimento ci dimostrerebbe che in realtà non lo è.

L’abitudine è nemica dell’innovazione, “Ho sempre fatto così ”… Questo ritornello molto spesso recitato, porta una conseguenza seria, ovvero la chiusura verso il nuovo, verso il pensiero laterale, verso la possibilità di ampliare i confini della zona di comfort. Non riusciamo ad innovare perché non esploriamo e non scambiamo contenuti ed esperienze. L’autoreferenza in sintesi vuol dire chiudere le porte alla “contaminazione” delle idee, alla generazione di scenari alternativi e stili di vita differenti.

Segnalo inoltre che fra le “cattive abitudini” c’è anche quella di accettare ilnuovo”, senza chiederci se sia nuovo davvero oppure se quella particolare novità sia veramente utile. L’abitudine di inseguire indiscriminatamente le novità e le mode nasconde il timore di perdere consenso sociale o può derivare da mancanza di spirito critico.

Potenzialità

La terza delle 4 chiavi per il cambiamento riguarda il concetto della potenzialità, ovvero il “trolley delle nostre risorse” che ci portiamo nel viaggio della vita.

Ciascuno di noi ha abilità e potenzialità innate. Per la nostra autorealizzazione e benessere dovremmo coltivarle, farle emergere, allinearci ad esse. In questo modo possiamo esprimere così un cambiamento naturale e presente in noi stessi, ovvero quello di diventare veramente chi siamo!

La psicologia positiva (Seligman) guarda il comportamento umano in termini di punti di forza del carattere, ovvero caratteristiche positive che contribuiscono nel lungo termine al nostro benessere.

Secondo questo approccio, conoscere i propri punti di forza consente di costruire su di essi, ottenendo così una vita più felice e soddisfacente. I ricercatori hanno codificato questi punti di forza in 6 grandi virtù, ciascuno con il proprio sotto insieme di Punti di Forza. Le Virtù riguardano saggezza e conoscenza, coraggio, umanità e amore, giustizia, temperanza, trascendenza.

Le potenzialità personali sono il DNA della nostra filosofia di vita e poterle manifestare sviluppa la performance, aumenta il livello di soddisfazione e di entusiasmo e facilita il raggiungimento di obiettivi professionali e personali. Le performance che siamo capaci di realizzare corrispondono alla differenza tra le potenzialità che abbiamo meno le interferenze. Ma quali sono queste interferenze? Spesso le riconduciamo a fattori esterni quali gli altri, il lavoro, la società, le circostanze sfavorevoli, il caso, la sfortuna. Invece le vere interferenze sono principalmente i nostri pensieri, le nostre convinzioni limitanti ed in definitiva noi stessi. Il vero avversario – ci insegna Tim Gallwey– non è colui che è dall’altra parte della rete nel campo da tennis, (cioè l’altro) ma è nella nostra testa, siamo noi stessi.

Trovo proficuo partire con l’accrescere la nostra consapevolezza e la conoscenza di sé, riconoscendo quali potenzialità e abilità personali sono dentro di noi e darci il permesso di esprimerle. Incoraggiarsi e prendere coscienza delle proprie potenzialità è di fondamentale importanza per cambiare anche le proprie performance.

Apprendimento

L’ultima delle 4 chiavi per il cambiamento è quella dell’apprendimento. Il conoscere (knowing) include sia ciò che sappiamo sia che ciò che possiamo fare ed indica uno stato. A questo si aggiunge il fatto che le nostre conoscenze hanno un ciclo di vita, come ben espresso da Nonaka e Takeuchi a metà degli anni 90 del secolo scorso.

L’apprendere (learning) indica dei cambiamenti nello stato di conoscenza. L’apprendimento accresce la conoscenza o modifica qualcosa della conoscenza precedente. È una dimensione sempre presente nella vita delle, ovvero la capacità di apprendere ad apprendere e la riflessione su come sviluppiamo il nostro apprendimento è una risorsa cruciale nella vita delle persone.

Le persone così possono essere sempre più protagoniste del loro percorso di crescita e cambiamento nell’ambito delle relazioni personali e di lavoro, trovando oggi modalità e strumenti tecnologici e sociali per condividere, collaborare e partecipare nella “costruzione” del sapere (social network). Questo focus ci fa considerare il nostro apprendimento come un processo mediante il quale acquisiamo nuove conoscenze e sul quale influiscono diversi aspetti:

  • esperienze individuali e collettive che rielaboriamo con la nostra intelligenza emotiva e cognitiva
  • strategie cognitive personali e stili di apprendimento
  • stimoli dell’ambiente circostante, ovvero input e informazioni provenienti dalla realtà esterna
  • modelli, formalismi, teorie e contenuti che di vengono dai percorsi formativi che scegliamo
  • strumenti di comunicazione e modi che regolano lo scambio delle informazioni

In fin dei conti il nostro apprendimento è un processo dinamico, che segue percorsi non lineari e non sequenziali e dipende tanto dalla nostra iniziativa e dalla nostra motivazione interna. Apprendere è cambiare!

In conclusione

Prima che le idee si trasformino in azioni è la consapevolezza del cambiamento come opportunità sempre presente nelle nostre vite che può infonderci un senso di positività, di possibilità. Le 4 chiavi per il cambiamento non ci spingono sempre e comunque a cercare di trasformarci ed essere iperattivi, tuttavia in molte situazioni la tensione allo “status quo” produce una sorta di artrosi mentale che ci limita fortemente e a volte ci imprigiona. Proprio allora dobbiamo essere nuovamente ispirati e tornare a vedere il mondo con occhi diversi, cogliendo nuovi significati e relazioni fra le cose, per riprendere a cambiare davvero. Così si può esprimere il valore e l’utilità di ciascuno delle 4 chiavi per il cambiamento personale.

Visione, innovazione, potenzialità e apprendimento sono gli ingredienti necessari alla nostra personale ricetta per cambiare!

 

 

 

“Surfare” il cambiamento nel Business con il coaching organizzativo

Il cambiamento non è una opzione ma una soluzione in continuo divenire. Ecco 4 chiavi di lettura per gestirlo al meglio con il supporto del coaching organizzativo. Competere nel Business richiede oggi approcci integrati e visione sistemica: surfare fra le onde del cambiamento ci porta a viverlo da protagonisti piuttosto che subirlo.

Run faster and think better

Ripenso al tema del “buon uso della lentezza” e del suo spazio necessario, alla dimensione dell’ozio creativo per dirla con le parole di Domenico De Masi. Aspetti fondamentali. Per questo trovo utile ricercare un modo per esprimere la dialettica tra lentezza e velocità, anche in modo “filosofico” e concettuale. Mi aiuta, come Coach, pensare all’approccio dello Yin e dello Yang.

La velocità (lo yang) oggi è imprescindibile per “stare nel business”: nei mari agitati occorre saper nuotare meglio e non si può aspettare che le acque si plachino: il rischio è di affogare!

Pensiamo al nostro lavoro. La velocità di risposta alle esigenze del proprio contesto aziendale, alle richieste dei capi e dei colleghi, ai bisogni dei clienti, alla risoluzione dei problemi, alla circolazione delle informazioni. La velocità è propria del mondo connesso e globale, dove il tempo presente è il tempo che conta per esprimere la prestazione che fa la differenza. Poi cerchiamo il tempo per costruire con più ponderatezza (lentezza) il futuro, la vision.

Nel Coaching sviluppiamo la riflessione (lo yin) ed il “re-energize”, diamo spazio dell’ascolto e alla consapevolezza, ci prepariamo a riaprire la porta del mondo… un mondo che va veloce. Come un buon allenatore, il Coach aiuta il Coachee e l’Organizzazione a gestire e valorizzare questi continui “stop and go” dai quali siamo sfidati nel contesto di lavoro. Possiamo gestire al meglio le accelerazioni e l’efficienza, possiamo rendere strategico il pensiero più lento, ritrovare la nostra via dell’efficacia.

Ma una volta sul campo, il cambiamento richiede velocità e ritmo. Run faster and think better: corri più veloce e pensa meglio e come nel calcio, potrai vincere la partita. Tutto parte, come sempre, dalle persone.

Conversations are the rules

Coinvolgimento, collaborazione e co-creazione, sono le 3C a cui mi riferisco spesso quando mi occupo di sviluppo organizzativo. Prima di tutto tornano alla ribalta gli aspetti essenziali della comunicazione: ascoltare e dare feedback.

Quasi tutti i ruoli lavorativi hanno ormai una dimensione relazionale rilevante, dove si ascolta l’altro, si danno e si ricevono feedback, si scambiamo contenuti, si crea dialogo. I punti di vista diversi sono fondamentali per generare un valore aggiunto in ogni scambio comunicativo, specie in ambito lavorativoConversazioni a 360° nello spirito del Cluetrain Manifesto, fra colleghi, fra reparti e settori aziendali, con fornitori e clienti, con interlocutori aziendali a vario titolo.

“We’re not in the business of keeping the media companies alive. We’re in the business of connecting with consumers.” Trevor Edwards

Le conversazioni che si basano su ascolto reciproco e scambio, generano opportunità! Il Coaching organizzativo, dal mio punto di vista, stimola nei ruoli le “soft skills” fondamentali per la conversazione: assertività, ascolto empatico e storytelling.

Inside-out the customer’s role

Per molte persone che lavorano in azienda, il cliente finale può non esistere. Il loro contributo lavorativo non arriva direttamente a lui, bensì confluisce in un processo di lavoro che si innesta in altri processi di lavoro, uno dei quali alla fine porterà il prodotto\servizio al cliente ultimo. Ognuno di noi, come cliente, vuole all’essenza poche cose:

  • essere “curato” per avere la giusta attenzione e considerazione;
  • ricevere un valore aggiunto superiore al sacrificio economico (non solo economico) che sta effettuando;
  • veder soddisfatte le sue esigenze e\o risolti i problemi che sentiva propri;
  • la personalizzazione ove possibile: abbiamo un codice fiscale univoco, vogliamo sentirci clienti univoci!

I clienti sono “inside-out”, dentro e fuori le imprese. Il coaching organizzativo ci aiuta a ripensare questa fondamentale rete di rapporti di valore. Nel nostro lavoro siamo clienti di alcuni ruoli, in quanto destinatari di input/indicazioni/risorse/direttive/informazioni/supporto e fornitori di altri. E’ così che si arriva al cliente finale, quando ogni persona che lavora in azienda vede con chiarezza la rete di rapporti cliente-fornitore interni che lo riguardano e si impegna per gestirli al meglio.

Il coaching organizzativo che svolgo si appoggia molto alla dimensione del team coaching, per sviluppare nelle persone che lavorano questa consapevolezza e responsabilità: inside-out the customers’ role.

Value is in the flow

Il valore che i clienti percepiscono, che ci fa apprezzare come lavoratori e come impresa, non viene dagli organigrammi aziendali. Il valore si genera nel flusso delle attività, nei processi di lavoro che sono interconnessi, i quali producono, elaborano, trasformano gli input in output, aggiungendo ad ogni passaggio. L’Organizzazione del Lavoro è un flusso di processi che partono dall’esterno (i fornitori di beni, servizi e lavori), attraversano le funzioni aziendali e arrivano al cliente finale aggiungendo valore ad ogni passaggio: customer care, esigenze\problemi risolti, valore percepito rispetto alle attese, personalizzazione.

Il coaching organizzativo è un coaching di valore, proprio perché ci aiuta a “vedere” l’organizzazione reale, quella che collega persone, competenze e processi aziendali. C’è un potenziale organizzativo da esprimere nel ripensare a come si lavora insieme, a come ridefinire i flussi di lavoro, quali “soft skills” sviluppare che generino valore e diventino talento.

Per concludere torno al livello immaginativo: “surfare” è uno scorrere leggero ma efficace, richiede dinamismo ed equilibrio per vivere il cambiamento e scegliere quali traiettorie e quali modalità praticare nel nostro lavoro e nel business. Le onde arrivano,… prepariamo la tavola!

This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 Italy License.

Business Coaching: tra evoluzione e resilienza

Il cambiamento che non è solo reattivo o subito passivamente porta ad una evoluzione consapevole dell’impresa. Allo stesso modo anche la resilienza, ovvero il saper assorbire gli urti e proseguire il cammino è fondamentale per raggiungere gli obiettivi. Il futuro si costruisce sviluppando due elementi fondamentali che confluiscono in una forma integrata di potenziale organizzativo espresso. Vediamo brevemente come.

Per il vocabolario Treccani, il termine evoluzione indica “ogni processo di trasformazione, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato all’altro – quest’ultimo inteso generalmente come più perfezionato – attraverso cambiamenti successivi”. L’evoluzione è quindi un percorso consapevole verso il miglioramento e nelle imprese può riguardare i ruoli, i prodotti, i processi, il modello di business.

Il cambiamento può avere una origine esterna a volte impredicibile ed arrivare come un’onda impetuosa che richiede azioni per non essere travolti dalla marea.  La crisi è infatti una delle fonti principali se non la fonte primaria del cambiamento nelle aziende e questo può spaventare le persone. Spesso temiamo di non essere preparati ad affrontare le avversità e la tempesta.

Cambiare in “stato di crisi” per una organizzazione significa trovarsi nelle condizioni più difficili, quando le scelte e le decisioni vengono prese con la contemporaneità dei criteri dell’urgenza (le soluzioni non sono più rinviabili) e dell’importanza (le soluzioni sono drastiche e con alto impatto emotivo).

L’evoluzione è un percorso di miglioramento consapevole che porta una trasformazione graduale. Questo richiede un passaggio culturale non indifferente, ovvero che il processo di miglioramento debba essere “continuo” e far parte della vita delle organizzazioni, quindi non episodico e legato alle contingenze esterne.

L’evoluzione ha inoltre un approccio morbido: è ben metabolizzata dalle persone perché si fonda su un cambiamento graduale e incrementale. Non si cambia in modo traumatico come in una “pesante” riorganizzazione bensì si cambiano le prassi di lavoro nel quotidiano, minimizzando l’impatto delle discontinuità.

Il Business coaching, per come lo vivo, aiuta le imprese e le allena all’evoluzione:

  1. consente di effettuare un esame della realtà in relazione a quale futuro l’impresa desidera raggiungere, per non essere solamente reattiva di fronte al cambiamento e quindi vivere in modo sofferto le discontinuità che si manifestano;
  2. sviluppa il contesto organizzativo di modo che risulti “quasi impossibile” non arrivare ad una trasformazione, modificando o innovando il modo di lavorare insieme.

Veniamo ora al concetto di resilienza, espressa come la sua la capacità di assorbimento degli urti inaspettati. Certamente non si può pensare che ogni percorso di miglioramento, ogni fase del ciclo di vita di una impresa, non subisca traumi esterni e che il “viaggio organizzativo” sia un tragitto immune da colpi e da scossoni. Evoluzione-Resilienza-Coaching-Narrativo

Si possono avere due categorie di impatti traumatici nelle imprese:

  1. a seguito di cambiamenti dell’ambiente esterno nell’ambito della legislazione, dei fattori socio-culturali, delle condizioni economiche generali;
  2. per i cambiamenti repentini in una o più delle 5 forze competitive descritte dal modello di Porter, ovvero concorrenti diretti, fornitori, clienti, potenziali competitors entranti, produttori di beni sostitutivi.

Prendendo spunto dal concetto di resilienza in biologia, si tratta per tutte le organizzazioni di rispondere rapidamente e adeguatamente a cambiamenti imprevisti, grazie all’abilità di riprendersi con immediatezza e ritornare alla forma che si aveva in quel momento. Secondo l’American Psychological Association la resilienza indica la capacità di un soggetto o di una organizzazione di riprendersi dalle esperienze difficili: si riorganizza la vita in maniera positiva di fronte a forse impulsive che urtano il nostro essere.

Il business coaching sostiene questa capacità nelle organizzazioni e supera l’ostacolo della scarsità di risorse:

  • allenando le persone a sviluppare comportamenti resilienti attraverso strategie mirate e personalizzate.
  • sostenendo lo sviluppo di un modello di gestione delle persone che favorisca l’apprendimento e l’uso immediato delle risorse adattive e creative.

Tra evoluzione e resilienza c’è molto che riguarda il futuro dell’impresa e delle persone: lo sviluppo sostenibile nel proprio ambiente di riferimento ed il saper affrontare con successo le sfide della competizione.

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Cambiamento: il nostro compagno di viaggio

Il cambiamento ci accompagna lungo tutto l’arco della nostra vita spesso in modo riservato e quasi invisibile, a volte in modo evidente e forte, altre volte ancora allontanato da noi e pur sempre pronto a ripresentarsi. Il cambiamento è scegliere nuove vie che ci aprono a dei nuovi sviluppi, delle opportunità e delle innovazioni. Riguarda anche il passaggio ad un livello personale di maggiore consapevolezza, di visione diversa, di autonomia ed empowerment.

Cosa ci spinge a cambiare? Come dobbiamo cambiare? Già queste due semplici domande ci portano dinanzi alle sfide che porta il cambiamento, per saperlo riconoscere prima e attuarlo poi.

Cosa ci spinge a cambiare?

Riguardo alle motivazioni di fondo e collegando questo tema alle finalità di un percorso di Coaching, ci sono di grande aiuto le considerazioni che ci vengono dalla “Self Determination Theory” abbinate con il livello qualitativo degli obbiettivi di cambiamento, proposto dal Coach Luca Stanchieri.

Se colleghiamo il cambiamento ad una nostra visione del futuro e alle nostre esigenze di autorealizzazione, individuiamo tre aree di sviluppo che portano al ben-essere.

  • Area della Relazionalità: bisogno di coltivare e sviluppare relazioni sociali, provando affettività positiva.
  • Area della Competenza: bisogno di sviluppare conoscenze e abilità per sentirsi capaci di raggiungere i risultati.
  • Area della Autonomia: bisogno di effettuare decisioni e scelte autodeterminate, sulla base delle proprie idee e delle proprie inclinazioni.

Se il cambiamento ha una finalità e lo sappiamo vedere come un percorso, allora lo possiamo collegare anche all’apprendimento. Per rendere il cambiamento un elemento sostanziale nelle nostre vite, possiamo esprimerlo come un obbiettivo personale, muovendoci verso l’autosviluppo in una o più delle tre suddette aree. Avremo allora tre modalità qualitative di definire l’obbiettivo.

Obiettivi minimi di cambiamento: riguardano un ambito circoscritto di una delle tre aree sopra citate, la relazionalità, la competenza e l’autonomia. Ad esempio un manager che deve affrontare un problema di comunicazione interna, oppure un colloquio di lavoro da sostenere.

Obiettivi transitori: incidono significativamente in uno dei tre ambiti dell’autogoverno. Si parla di cambiamenti che possono riguardare la gestione della perdita di un lavoro oppure il cambiamento di ruolo. Quale corso di laurea scegliere. Come affrontare la fine di una relazione importante, ecc.

Obiettivi massimi di cambiamento: riguardano due o più aree dell’autorealizzazione ed investono la persona nel suo complesso. C’è molta affinità con il concetto di cambiamento radicale, in quanto si tratta di passaggi fondamentali della nostra vita. Crisi profonde, fallimenti di progetti, svolte importanti quali, ad esempio, il passaggio da dipendente a libero professionista in un’altra città.

Come possiamo cambiare?

Il cambiamento è intorno a noi, anzi l’unica certezza che abbiamo nella vita è che tutto scorre e muta. Cambia l’ambiente intorno a noi, cambiano le stagioni, cambia il nostro corpo, cambiano le nostre percezioni ed i nostri bisogni.

La prima modalità è l’adattamento, la nostra risposta reattiva a ciò che muta intorno a noi e ci induce ad agire un comportamento. La seconda modalità riguarda la proattività, ovvero una risposta che cerca di anticipare il cambiamento, riducendo i possibili elementi negativi per noi ed aumentando i vantaggi dei comportamenti preventivi.

Certo, possiamo sempre provare indifferenza verso il cambiamento e sperare che non ci riguardi, che passi via come un fenomeno passeggero, un venticello di breve durata. Oppure proviamo a resistere al vento del cambiamento, opponendoci ad esso a favore della conservazione: si costruiscono dei muri anziché i mulini con le pale, si resta incapaci di cogliere ogni opportunità. Più ci si avvicina al nucleo delle convinzioni profonde delle persone e degli stati d’animo consolidati, più sarà vissuto negativamente e carico di minacce il tema del cambiamento.

La persona dalla mente poco impegnata teme sempre il cambiamento. Egli sente sicurezza nello status quo, e ha una paura quasi morbosa del nuovo. Per lui, la sofferenza più grande è la sofferenza per una nuova idea. (Marthin Luter King)

Infine anche la portata del cambiamento incide non poco nel nostro atteggiamento e nelle modalità che adotteremo. E’ un cambiamento incrementale? Ovvero viene costruito sul precedente? Non stravolge ma migliora progressivamente quello che facciamo e quindi le capacità che applichiamo?

E’ un cambiamento radicale, ovvero porta delle discontinuità? Si prova allora a ”riconsiderare“ la situazione mettendo in discussione il nostro corso di azioni. Si riflette su quali sono i valori e gli scopi dietro le azioni, si cambia il modello di riferimento, si scoprono nuove abilità e si aprono nuove relazioni.

Il cambiamento è davvero il nostro compagno di viaggio, dobbiamo renderlo un nostro alleato, definendo la visione del futuro e gli obbiettivi significativi per noi, al fine di cogliere tutte le opportunità per la nostra vita. Per chiudere con le parole di Henri Bergson: “esistere è cambiare, cambiare è maturare, maturare è continuare a creare se stessi senza fine”.

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Vivere il cambiamento attraverso le storie

Raccontare storie è la forma più antica di comunicazione umana. Utilizziamo le storie, quasi inconsapevolmente, per condividere esperienze, conoscenze e valori con gli altri e aprirci alla relazione. Gli stimoli narrativi, la nostra capacità di narrare e di riconoscere le storie ci permette una infinita libertà creativa. Abbiamo la possibilità di capire quale futuro possiamo scrivere e quale ruolo possiamo interpretare.

Cambiamento, trasformazione, evoluzione, crescita, percorso, metamorfosi, rinascita,… Queste parole possono ispirarci e darci motivazione ma anche portarci inquietudine e dubbi, timore del nuovo.

Non è certo semplice cambiare le vecchie abitudini e i nostri soliti comportamenti, mettere in discussione il nostro modo di pensare e i nostri valori, sino a rivedere gli ideali e i principi secondo i quali abbiamo vissuto fino a oggi.

Nel mezzo del cammin di nostra vita
 mi ritrovai per una selva oscura
 ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
 esta selva selvaggia e aspra e forte
 che nel pensier rinova la paura!

Dante Alighieri

Quanta potenza in queste parole di Dante, quale bellissima metafora per raccontare le incertezze e le paure che ci possono cogliere in alcuni momenti della nostra esistenza. A tutti noi capita di imbatterci in qualche “oscura selva emotiva” (W. Bridges) e per uscirne dobbiamo voltare le spalle ad alcune cose e affrontarne di nuove.

Tutte le persone che vogliono vivere il proprio cambiamento possono iniziare a raccontarsi e cercare strategie e obiettivi per riscrivere attivamente il proprio futuro prossimo. La narrazione di storie e l’identificazione (o il disaccordo) con i personaggi possono essere una risorsa fondamentale per uscire dai dilemmi della quotidianità. Ci fa riflettere su ciò che è importante per noi, sul nostro modo di stare al mondo.

Vivere il cambiamento e la trasformazione

Le storie che siamo capaci di ascoltare e di raccontare:

  • diventano fonte di ispirazione per spiegare le complessità del cambiamento
  • possono renderci più abili nel gestire il cambiamento
  • incoraggiano il pensiero innovativo e l’accettazione di nuove idee
  • sono fortemente motivanti, perché adottano la potenza della metafora.

Possiamo vedere subito in atto la nostra capacità narrativa quando raccontiamo la storia di un nostro risultato raggiunto, di una sfida vinta o di una soluzione trovata a un problema. Ecco che siamo istintivamente portati ad esprimere con maggiore chiarezza il nostro vissuto personale con una ricchezza di dati che permette la rilevazione delle nostre abilità, attitudini e dei principi che ci guidano. Mettiamo a fuoco come abbiamo espresso la nostra creatività, le nostre risorse, le nostre potenzialità.

Per raccontare una storia

Nell’ambito delle nostre narrazioni si possono riconoscere elementi sia della struttura narrativa sia di apprendimento e risposta, ovvero di cambiamento e risoluzione. Vediamoli brevemente seguendo il ciclo tipico delle favole e delle storie.

“C’era una volta”: lo status quo, dove la storia ha inizio e troviamo i personaggi.
“Poi un giorno”: ecco l’evento scatenante, i personaggi incontrano un problema o una sfida.
“Per questo motivo”: c’è il richiamo all’azione, la presa di coscienza e l’accettazione della sfida. La storia cambia verso.
“L’apice della storia”: ora si è in gioco, i personaggi affrontano la nuova situazione (sfida) e vivono il cambiamento impegnandosi al massimo;
“La risoluzione”: siamo arrivati al finale, l’epilogo con la soluzione che esprime il risultato delle azioni. Ci sarà il successo?
“La morale”: noi tutti, attraverso i personaggi, apprendiamo qualcosa di nuovo dal corso di azioni e dal suo esito. Il cambiamento è compiuto e diviene parte della nostra mappa del mondo.

Ora siamo più consapevoli, abbiamo maggior chiarezza nel vederci in una dimensione nuova e possiamo dare il nostro significato alle parole cambiamento, trasformazione, crescita, percorso.

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