Okness o non Okness? Questo è il dilemma

Cosa intendiamo per Okness

L’Okness è un concetto che descrive una posizione esistenziale positiva nella vita. Scopriamo insieme come sentirsi OK!

Ci riferiamo ad un nostro atteggiamento di fondo per il quale attribuiamo la stessa importanza ai bisogni che abbiamoed a quelli degli altri, attivando un dialogo che ricerca la parte migliore e quindi “OK” del nostro interlocutore. Noi siamo pronti a riconoscere che questa Okness è in noi come negli altri, valorizzandola. Possono esserci comportamenti che creano un problema relazionale, tra noi e gli altri, tuttavia nell’espressione della nostra persona e dei nostri bisognisiamo tutti OK.Cerchiamo di comprendere quali posizioni esistenziali sono sottostanti al concetto di essere o meno OK attraverso un esempio.

Cammino per strada e scorgo fra la gente un’amica di vecchia data che non vedo da molti anni. Contenta di poterla salutare, con l’intenzione di scambiare due chiacchiere con lei, sapere come sta, parlarle un po’ di me, cerco il suo sguardo e mi oriento nella sua direzione. Lei per un attimo sembra scorgermi. Poi abbassa gli occhi e rivolge la parola all’uomo che le sta accanto cominciando una fitta conversazione e spingendolo verso il bordo strada per evitare di passarmi vicino. Non ho commesso torti a suo danno, che ricordi, e i nostri rapporti sono sempre stati ottimi e schietti, ci siamo semplicemente perse di vista per i fatti della vita. Proseguo a camminare cercando di immaginare una possibile ragione, il motivo di quel distanziamento, e a chiedermi che cosa possa essere successo tra di noi …

Ci sono diversi atteggiamenti intimi e differenti reazioni a seguito di un episodio come questo, che fa parte delle esperienze comuni. Possiamo ricondurli a quattro principali.

  1. Posso sentirmi offesa e in difetto, mi convinco di essere io la causa, di non essere importante per lei e di essere una persona poco piacevole e dunque da evitare. Provo anche imbarazzo e disagio nonostante nessun altro si sia accorto dell’accaduto.
  2. Oppure posso provare una forte irritazione, addirittura rabbia, e attribuire alla mia amica insensibilità o presunzione, arroganza o un atteggiamento sprezzante, mi ritengo superiore a lei, nonché la sola capace di una vera amicizia. Concludo pensando che sia “meglio perderla che trovarla”.
  3. Un’altra eventualità è rifugiarmi nell’idea che sì, sono una persona mediocre che non merita poi tanta considerazione, ma che in fondo tutti gli esseri umani sono insensibili ed egoisti e che il mondo è un brutto posto in cui non c’è spazio per i buoni sentimenti.
  4. Il quarto fra gli atteggiamenti possibili è pensare che vada bene così: siamo entrambe delle belle persone ma il tempo e la vita ci hanno allontanate e lei avrà avuto delle valide ragioni per evitare il nostro incontro. Prendo anche in considerazione che potrebbe non avermi vista, oppure non avermi riconosciuta.

La stessa esperienza, dunque, viene vissuta in modo differente e interpretata con codice diverso a seconda della percezione che si ha di se stessi o degli altri. In questo senso il proprio modo di stare al mondo è definito dall’Analisi Transazionale – teoria psicologica sviluppatasi nella seconda metà del Novecento – Okness, ovvero Io sono OK e Tu sei OK.

Il senso di Okness e le posizioni esistenziali in Analisi Transazionale

L’Analisi Transazionale è una teoria della personalità, della comunicazione e della psicopatologia fondata dallo psichiatra statunitense Eric Berne tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento. Da allora fino ad oggi si è espansa a livello internazionale, arricchita di numerosi studi, della pratica clinica, di quella del counseling e delle applicazioni in ambito organizzativo aziendale. Essa si avvale, per volontà del fondatore, di un linguaggio semplice che attinge al lessico familiare, quotidiano, e una delle parole di questo codice è forse l’espressione più popolare e comune nella nostra civiltà globalizzata, l’idea di Okness.

Ognuno è dotato di valore e dignità in quanto individuo, pertanto accetto ciò che tu sei anche se posso non accettare ciò che tu fai. La nostra essenza di essere umano è OK. Una percezione di sé positiva, costruttiva e adeguata al contesto, che pur tenendo conto di limiti e fragilità, dà valore alla propria vita e a quella degli altri, considera fertili le relazioni e agisce comportamenti efficaci e produttivi nel senso più lato. Include la capacità di sperimentate nuove opzioni ed esperienze ragionevolmente possibili.

Le posizioni esistenziali, in relazione al senso di Okness, e facendo riferimento alle diverse possibilità di vissuto dell’esempio precedente, sono riconducibili a 4:

  1. Io non sono OK – Tu sei OK (posizione vittimistica e passiva in cui si dà poco o niente valore a sé stessi e ci si sente inferiori o inadeguati);
  2. Io sono OK – Tu non sei OK (posizione tendenzialmente aggressiva in cui si attribuiscono all’altro tutte le responsabilità finendo con svalutarlo, denigrarlo o aggredirlo);
  3. Io non sono OK – Tu non sei OK (posizione nella quale c’è una mancanza di fiducia e di speranza verso sé, gli altri o la vita stessa);
  4. Io sono OK – Tu sei OK (posizione di benessere emotivo e di fiducia nel mondo, in sé stessi, nei rapporti umani).

Quest’ultima posizione esistenziale è quella che scaturisce dall’avere una solida autostima, slancio vitale, senso di appartenenza alla comunità umana, considerata positivamente come spazio di espressione libera e di relazione.

Sviluppare consapevolezza per le posizioni esistenziali

Secondo l’Analisi Transazionale la consapevolezza della propria posizione esistenziale consente di comunicare e creare rapporti in modo costruttivo socialmente, e in modo arricchente per sé stessi. Conoscere le posizioni esistenziali consente di scoprirsi capaci di affrontare cambiamenti e di superare difficoltà, senza perdere fiducia in sé e speranza nel futuro.

Ognuno di noi ovviamente, nel corso della vita, può sperimentare ognuna delle 4 posizioni esistenziali ma di solito è una in particolare a prevalere sulle altre, a seconda della natura, del temperamento e soprattutto delle esperienze infantili e dei rapporti coi genitori o con le figure educative durante il ciclo di sviluppo.

La posizione esistenziale “preferita” (della quale non siamo consapevoli prima di un lavoro introspettivo adeguato) influisce sulle esperienze e sul modo di affrontare le situazioni difficili e le avversità.

Secondo l’Analisi Transazionale di Berne, tuttavia è sempre possibile, attraverso un percorso di auto-conoscenza, mutare la propria posizione esistenziale in direzione di un benessere emotivo, fisico e relazionale. Diventare amici di sé stessi e andare incontro a sé prima che alle vecchie conoscenze … come nell’esempio che abbiamo sopra descritto. Ecco allora che possiamo arrivare a dire a noi stessi: Io sono Ok e anche gli altri lo sono!

Per dirla con le parole di Eric Berne “Si ottiene ciò per cui si dimostra apprezzamento”.

Rossella Maiore Tamponi – Paolo Lorenzo Salvi

Diario il nostro viaggio interiore narrato

Il diario ovvero il nostro viaggio interiore narrato

La forma di scrittura auto-analitica è, per eccellenza, il diario. La nostra scrittura, organizzata cronologicamente e sistematica, fa di ognuno il testimone di sé stesso. Consente quel processo definito di “bilocazione cognitiva”, attraverso il quale lo scrittore si pone simultaneamente come autore e come lettore: è presente in due spazi diversi, due dimensioni che si rispecchiano.

La scrittura è per tutti noi uno strumento semplice e immediato per inaugurare un percorso di auto-conoscenza. Scrivere di sé può essere un esercizio molto fertile per esplorare, attraverso un gesto quotidiano, il proprio modo di stare al mondo e i sentimenti che scaturiscono dalla consapevolezza della propria identità, nonché dei ruoli in cui ci troviamo, scelti o attribuiti dalle persone che ci circondano.

L’atto dello scrivere dirige l’attenzione, stabilisce un contatto col presente, agevolando la creazione di un “filtro” attraverso il quale passano le esperienze più significative, i valori, le emozioni, o semplicemente gli attimi e i vissuti di particolare intensità. Ne scaturisce una “letteratura personale”. La poetessa americana Sylvia Plath scrive nei suoi diari: “il presente è l’eternità e l’eternità è sempre in movimento, scorre, si dissolve. Questo attimo è la vita”. Il diario è un grande capitolo della narrazione riguardo al “parlar di sé” e presenta alcune funzioni importanti:

  • Organizzare l’esperienza del tempo raccontato attraverso i nostri scritti (consapevolezza del tempo)
  • Avvicinare il tempo delle nostre azioni con il tempo della narrazione (consapevolezza del fare)
  • Registrare le esperienze ed esprimere la nostra interpretazione degli eventi (consapevolezza di ciò che è accaduto)
  • Essere strumento di crescita personale e di sviluppo (consapevolezza dell’essere)

Scrittura di sé Coaching Narrativo

La presenza di un luogo e di una data garantiscono la “tracciabilità” di noi stessi, possono, in una rilettura distanziata nel tempo, spiazzare o stupire, segnando le tappe della nostra formazione, della costruzione di un’identità. Il Diario è quindi un esercizio riflessivo col quale affidare alla pagina noi stessi, liberando nel pensiero uno spazio, quasi una “memoria esterna”, e questo spazio diventa capace di accogliere nuovi pensieri, nuove informazioni, nuovi orientamenti.

“Io voglio semplicemente mettere sulla carta quello che mi è capitato oggi pomeriggio … Comunque venga devo scriverlo” annota ancora la Plath, sottolineando sia l’intenzione – la spinta volitiva della scrittura diaristica – sia il suo carattere di necessità.

Nel diario sperimentiamo l’essere allo stesso tempo chi scrive, chi legge, e la nostra scrittura, diventata “altro da noi”. La vediamo acquisire un’esistenza propria: materiale (l’oggetto “pagina”), etica (i nostri valori), affettiva (i nostri sentimenti e le nostre relazioni). Come ha scritto Duccio Demetrio ci troviamo in una continua mescolanza tra pensiero introspettivo, retrospettivo e “finzionale”, tale cioè da tradurre e rappresentare in una “finzione costruttiva” l’essenza dei fatti della nostra vita.

La decisione di scrivere un diario è infine una decisione intima e personale, solitaria da molti punti di vista. Il diario raccoglie immaginazione, azione, coscienza, esperienza, tempo, interiorità e racconto. La filosofa spagnola Maria Zambrano ci ricorda che “ci sono cose che non si possono dire, ed è indubitabile. Ma è proprio ciò che non si può dire che bisogna scrivere.

Rossella Maiore Tamponi – Paolo Lorenzo Salvi

coaching e processo di empowerment

Empowerment e Coaching

L’Empowerment è un processo di crescita dell’individuo basato sull’aumento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse non espresse e portare la persona ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale.

Questo processo può portare ad un cambiamento della percezione dei propri limiti in vista del raggiungimento di obiettivi personali. Empowerment significa aumentare il potere personale interiore ed aumentare le capacità, tuttavia per raggiungere dei risultati ottimali, è necessario applicarsi nel quotidiano. Il potere di una persona, insieme alle sue capacità e potenzialità, sono gli elementi essenziali per determinare la possibilità che si possa migliorare il carattere e rinforzarlo.

Il mio approccio al Coaching Narrativo (con competenza di Analisi Transazionale) favorisce il processo dell’Empowerment, dando supporto alla persona per raggiungere un maggior controllo sulla propria vita, aumentare il proprio senso di autoefficacia e la capacità di crearsi rappresentazioni mentali positive della situazione attuale e desiderata.

Durante il percorso di Coaching lavoro come professionista per individuare le risorse necessarie al fine di far raggiungere i propri obiettivi di vita e scegliamo insieme un piano di azione. Le azioni svolte per esercitare il controllo avvengono attraverso la partecipazione attiva del Coachee (chi segue un percorso di Coaching), grazie al sostegno offerto, per acquisire la consapevolezza delle proprie risorse esterne e interne e per poter mettere in atto il cambiamento desiderato.

Si possono così superare momenti di stallo nella vita personale o lavorativa, inerzia decisionale, tendenza a procrastinare, adattamento eccessivo e passivo alle situazioni, ovvero si supera il vissuto di una situazione di impotenza appresa. Con essa intendiamo lo stato di chi considera inutile adottare comportamenti che possano risolvere la situazione fonte di stress, ovvero:

  • Sentirsi in “scacco” (stallo completo e peso del giudizio degli altri)
  • Sfiduciato (non crede più in sé stesso, frustrazione e rinuncia a ai propri obiettivi)
  • Senza prospettive future (non saper che cosa fare del proprio futuro)
  • Vittima di eventi incontrollabili (i comportamenti giudicanti degli altri, le situazioni che vi bloccano, ecc.)

disempowerment

Ecco che a fronte di questi elementi entriamo in una fase di disempowerment, che accade quando la persona di fronte a un problema si demotiva, provando sentimento di inadeguatezza, di essere carente in qualcosa, il sentimento di chi non si sente più “in grado di”, con riferimento alle proprie aspettative di prestazione o di autorealizzazione.

Viene così a mancare la nostra capacità autonoma di cambiamento, l’espressione delle nostre abilità di problem solving e presa di decisioni per raggiungere i traguardi e gli obiettivi a cui teniamo. Si genera una insoddisfazione che mina la nostra autostima, ci fa sentire inefficaci, lasciandoci addosso quella sensazione di impotenza e una forte disillusione sul futuro.

L’Empowerment è la possibilità che tutti noi abbiamo di attivare un processo di rovesciamento della percezione dei nostri limiti, in vista del raggiungimento di risultati a volte sorprendenti e superiori alle proprie aspettative.Si può così raggiungere uno stato di speranza appresa, ovvero data dal fatto che il Coachee adesso dispone di:

  • Locus of Control interno (cambiare la situazione dipende da noi)
  • Motivazione all’azione (fare cose che ci coinvolgono e ci appassionano)
  • Percezione di competenza (soft skills allenate)
  • Percezione di autoefficacia (fiducia in sé stesso e capacità di affrontare la situazione)

Il processo di Empowerment ci porta infine ad acquisire maggiore controllo sulla nostra vita, avere più capacità di influenzare le nostre decisioni, ottenere le risorse che ci premettono di muoverci verso la nostra autorealizzazione e la consapevolezza di saper esprimere le nostre potenzialità. Il Coachee percepisce la possibilità di influenzare i risultati, riconosce la sua motivazione all’azione e rivaluta la propria considerazione di sé.ciclo di empowerment

Il Coaching mi ha insegnato che ogni Coachee è visto come una persona creativa e piena di risorse a cui il Coach offre il suo supporto professionale per modificare fattivamente parti di sé stesso partendo dal presente. Ha una sua tangibile concretezza basata sul prendere atto della situazione attuale e sull’agire per cambiarla che lo rende, probabilmente, così efficace.

Volutamente il coaching tralascia le cause del passato per concentrarsi con fiducia su ciò che la persona oggi può fare per eliminare zavorre inutili, migliorando così la sua qualità di vita. Inoltre, in qualità di Coach è mio compito far sì che il Coachee diventi capace di servirsi autonomamente degli strumenti appresi favorendo e sviluppando un senso di completezza, in modo da diventare auto-referenziato acquisendo completa gestione di sé.

Quello che ci possiamo portare a casa grazie ad un percorso di Coaching, rispetto all’obiettivo concordato, si esprime così in termini di Empowerment nella forma di un permesso che ci consente di “sentire di avere potere” e di “essere in grado di fare e di cambiare“.

Paolo Lorenzo Salvi

5 focus for an agile organization

5 focus per l’Impresa Agile

Ci sono 5 focus chiave dal mio punto di vista che aiutano a rendere una Impresa“Agile” e che rappresentano un approccio collaborativo al lavoro e fortemente oriento al cliente. Questi 5 focus ci consentono di esplorare l’Agilità di Business che si traduce nella capacità di un’impresa di riconfigurare velocemente organizzazione, strategia, processi, competenze, ruoli e tecnologie per sviluppare il proprio modello di business, fare innovazione continua e produrre valore.

Sono come 5 porte di ingresso per l’agilità di impresa, per entrare dentro un nuovo atteggiamento verso l’apprendimento, utilizzando la nostra capacità di navigare verso il successo attraverso la riflessione e l’adattamento.

Si può partire da ognuno di essi per poi arrivare agli altri, utilizzando una serie di pratiche e di strumenti che danno struttura alla filosofia di lavoro e consentono di creare esperienze pilota da ricondurre al quadro di insieme. Vediamoli brevemente.

impresa agile 5 focus

Mindset Agile

Una mentalità agile consiste in un insieme di credenze, atteggiamenti, valori e azioni per portare la filosofia dell’agilità dentro un ambiente di lavoro. Anche se le imprese ed i team possono utilizzare pratiche agili senza la mentalità agile, solamente l’adozione di un mindset agile nei propri team li renderà dei team ad alte prestazioni, concentrati sulla creazione di valore e risultati notevoli per i loro clienti.

Alcuni elementi del Mindset includono rispetto, collaborazione, miglioramento e cicli brevi di apprendimento, responsabilità, focus sulla consegna di valore e capacità di adattamento ai cambiamenti.

Ricordo brevemente I 4 valori fondamentali del Mindset Agile rispetto ai quali dedicherò un approfondimento:

  • Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti.
  • Il prodotto funzionante più che la documentazione esaustiva.
  • La collaborazione col cliente più che la negoziazione dei contratti.
  • Rispondere al cambiamento più che seguire un piano.

Product Organization

Possiamo sostenere che una Impresa agile ha la capacità di ripensare rapidamente le proprie strategie, riconfigurando velocemente i processi operativi e l’organizzazione per trasformare le sfide dell’ambiente in cui opera in nuove opportunità di crescita.

L’impresa Agile tralascia le logiche organizzative rigidamente funzionali in favore di quelle di prodotto, più adatte all’obiettivo di generare rapidamente valore per i clienti e il business. Quello che nasce come un approccio di sviluppo prodotti nelle fasi iniziali dell’impresa (Lean Startup) diviene poi un modello di innovazione per l’impresa Agile che va bene per tutte le imprese.

La Product Organization parte dal condividere la Visione di Prodotto con il team interfunzionale e comprensivo di tutte le competenze necessarie, appositamente istituito. La “Vision” di prodotto è importante per iniziare a lavorare su un nuovo prodotto o allineare un team attorno agli aggiornamenti di un prodotto esistente.

Possiamo dare il via alla prima versione o apportare modifiche all’ennesima versione del prodotto, in ogni caso ogni impresa che adotta l’agilità ha bisogno di creare e condividere la propria visione del prodotto. Si possono utilizzare strumenti come le Canvas o la Vision Board. In ogni caso la Product Organization ha l’obiettivo è di catturare quattro aspetti fondamentali di un Prodotto: Target Group, Needs, Product, Business Value

Servant Leadership

Nella nostra visione tradizionale il leader risulta come il capo, colui che sa guidare un gruppo di persone che vengono definite followers al raggiungimento degli obiettivi. Come dicono Bennis e Nanus nel loro libro “Leader. Anatomia della Leadership”, la Leadership è capacità di influenza sulle direttrici dei motivi e delle azioni, sulle azioni stesse e sulle opinioni. I Leader sviluppano una visione e dei criteri di valutazione per il suo raggiungimento.

Un Servant Leader guarda al futuro. Definisce e comunica la propria visione organizzativa e gli obiettivi a medio e lungo termine. Quindi sforza di coinvolgere il team nella condivisione di tale visione. Ecco brevemente le caratteristiche che esprime un Servant Leader:

  • Considera la Leadership come una opportunità per essere al servizio degli altri.
  • Condivide il potere ed il controllo per raggiungere la performance.
  • Misura il successo sulla base della crescita e dello sviluppo.
  • Ascolta.
  • Non crede che tutto giri intorno a lui.

Per comprendere la Servant Leadership è fondamentale conoscere il pensiero di Robert Greenleaf nel 1970, sviluppato successivamente da Larry Spears nel 1998.

Cliente centrico

  • Come facciamo a sapere che cosa vogliono realmente i nostri clienti?
  • Ci siamo dati il tempo per definire realmente chi sono i nostri clienti?

Molte delle pratiche nell’ambito di metodologie e del framework Agile specifici sono pensate per rispondere proprio a queste domande strategiche.  Questo vuol dire ri-scoprire i propri clienti per creare il valore esattamente rispondente alle loro esigenze.

Una Impresa Agile mira a rilasciare tempestivamente incrementi di valore (Prodotto), spesso e coerentemente per soddisfare le mutevoli esigenze a lungo termine del mercato e dei clienti. C’è un team interfunzionale e auto-organizzato, fondato sul paradigma dell’autonomia condivisa, che lavora per ogni target specifico di clienti, al fine di rispondere velocemente ai feedback ed essere agile.

Il Team di Prodotto (Team interfunzionale) sviluppa e rilascia il Prodotto con un piano di lavoro che può essere rivisitato sulla base di una migliore comprensione del cliente, coinvolto in ogni fase della realizzazione incrementale che sarà oggetto della “delivery”. Ovvero si vuole dare valore ad ogni iterazione di lavoro del Team di Prodotto (i cosiddetti Developers) e raccogliere il feedback del cliente in corso d’opera.

Una volta completato il primo prodotto minimo vitale (MVP), si inizia a migliorarlo in base al feedback degli utenti e dei clienti. Successivamente si fa in modo che si evolva da MVP con i primi utenti a qualcosa di più significativo e di sempre maggior valore. Questo è essere Cliente Centrici.

Pianificazione OKR

L’acronimo OKR sta per Obiettivo e Risultati Chiave (rimando al mio Post: Breve storia degli OKR) . L’obiettivo è qualitativo e i risultati chiave (il più delle volte tre) sono quantitativi. Sono usati per focalizzare un gruppo o un individuo su un obiettivo audace.

L’obiettivo stabilisce un goal per un determinato periodo di tempo, di solito un trimestre. I risultati chiave indicano se l’obiettivo è stato raggiunto entro la fine del tempo. Questo modo di pianificare su cicli brevi e con grande focus, ci porta a stabilire la destinazione per il team in modo che nessuno sprechi il proprio tempo.

Gli OKR sono adottati da una Impresa Agile per almeno uno dei tre motivi principali:

  • Messa a fuoco: cosa facciamo e cosa non facciamo come impresa?
  • Allineamento: come possiamo assicurarci che l’intera impresa si concentri su ciò che conta maggiormente?
  • Accelerazione: il tuo team sta davvero esprimendo il suo potenziale?

Questi sono i 5 focus per l’Impresa Agile che rappresentano punti di ingresso ai temi della Business Agility e che possono essere sviluppati con il supporto dell’Agile Coaching. Paul Buchheit sostiene che “se tutto ciò che fai funziona senza problemi, significa che non ti stai assumendo molti rischi e quindi, probabilmente, non stai facendo nulla di innovativo.” Ognuno di questi focus richiede uno sforzo innovativo, ma apre la porta alla dimensione dell’agilità per ogni azienda.

Paolo Lorenzo Salvi

Narrazione personale

Voce o scrittura? L’esigenza di trovare noi stessi

La consapevolezza di noi stessi e del modo in cui comunichiamo trova nel racconto e nella narrazione il suo mezzo elettivo, con effetti e proprietà diversi a seconda che ci affidiamo alla voce e alla pronuncia oppure alla scrittura.

Lo storico delle idee Jean Starobinski ha scritto che i sentimenti “ci sono accessibili solo nel momento in cui si sono manifestati verbalmente o con un altro mezzo espressivo”. Emozioni e sentimenti non sono le parole ma possono diffondersi solo attraverso le parole.

Il linguaggio e le sue forme espressive, voce o scrittura, oltre ad essere necessario per la cognizione delle cose e il ragionamento, rappresentano la soglia da attraversare per rendere comprensibile agli altri il nostro mondo emozionale interno e per renderlo chiaro a noi stessi. In questo senso il celebre scrittore Samuel Beckett diceva che “le parole sono tutto quello che abbiamo”.

L’importanza della voce

La nostra voce è fondamentale per la sua funzione metacomunicativa: essa manifesta e può suscitare emozioni nei nostri interlocutori. Per esempio, può suscitare empatia, distacco, attenzione, distrazione, fiducia, agitazione, ispirazione.

La voce ci arriva in forma di onde sonore che la rendono liquida e avvolgente, a volte dura e stridula, altre morbida e rassicurante. Ci può mettere in risonanza profonda con l’altro ed è la base fondamentale del nostro dialogo interno. La voce è protagonista delle conversazioni interiori che abbiamo con noi stessi, diventa la natura essenziale della nostra coscienza.

La nostra voce ci caratterizza univocamente nella relazione con gli altri, incide profondamente nella nostra forza comunicativa, nella nostra efficacia, nella nostra credibilità e nella efficacia del nostro conversare.

Infine, la voce è uno strumento di lavoro per tutti noi, riempie le nostre giornate lavorative, i nostri dialoghi on-line in tempo di pandemia e veicola i nostri bisogni, le richieste, i desiderata, gli obiettivi, le informazioni necessarie.

coaching per riscrivere la storia personale

Il racconto è una cornice di senso per le nostre vicende

Il suono della voce ci permette di divenire ascoltatori della nostra piccola, personale “odissea”, mentre la scrittura ci consente di farne addirittura un oggetto del mondo, una pagina, qualcosa da rileggere, tenere fra le mani, contemplare o perfino donare.

C’è una grande funzione che il racconto autobiografico o la scrittura aprono nel loro stesso svolgersi, ed è quella di orientarsi al cambiamento, di acquisire potere sulla propria vita per imprimerle una direzione soddisfacente, per andare verso sé stessi in modo creativo.

Gli studi più recenti di neuroscienze hanno messo in evidenza come esista una stretta interazione tra il sistema cerebrale che governa il linguaggio e le connessioni neurali che determinano il movimento. Il linguaggio cioè passa attraverso il coinvolgimento del sistema motorio, preposto al movimento e all’attività.

Si può affermare, semplificando, che il “cervello del dire” e quello “del fare” hanno bisogno l’uno dell’altro. Raccontare noi stessi, scriverne, o produrre storie nostre e racconti ci mette in relazione col futuro, e può essere un modo efficace e potente di agire cambiamenti e raggiungere nuovi obiettivi.

Dare voce alla nostra voce.

Definirsi significa narrare sé stessi diventando riconoscibili nella propria unicità, attraverso il linguaggio inteso come capacità che rende umani e che crea relazioni o legami. Così ne Le mille e una notte la bella Shahrazad salva la sua vita raccontando ogni notte una fiaba che incanta il suo carnefice.

La vita è divenire, ricercare connessione con gli altri, e la nostra voce ne è la sua vibrazione più profonda.

Rossella Maiore Tamponi – Paolo Lorenzo Salvi