I nostri Eroi al tempo del Coronavirus

Nello storytelling teorizzato da J. Campbell, l’Eroe è il protagonista di una storia, chiamato dagli eventi all’Avventura, affronta il superamento di varie Prove per giungere ad una Ricompensa oppure una Saggezza finale (Elisir). Riluttante o meno che sia, state pur certi che nel corso della storia lo vedremo trasformarsi in un essere eccezionale, capace di dispiegare abilità e poteri impensati, anche con l’aiuto di Aiutanti (più o meno Magici).

Partiamo dal presupposto che nella vita reale tutti possono essere degli Eroi, ovvero siamo degli Eroi in potenza. Nella difficile situazione che stiamo vivendo in seguito allo scoppio della pandemia da Covid-19,  sono emerse delle figure “eroiche” (anche se i diretti interessati rifiutano questa interpretazione del loro ruolo e della loro persona e ritengono semplicemente di fare il loro lavoro). Si tratta del personale sanitario, medici e infermieri, ricercatori, OSS, cui si aggiungono volontari, addetti alle pulizie di ospedali, luoghi e mezzi pubblici, gli addetti alle vendite alimentari.

Che cosa caratterizza l’eroismo che noi attribuiamo a queste persone? Consideriamo 4 aspetti principali:

  1. Senso del dovere: hanno principi guida e valori che sono legati al servizio agli altri, alla cura, al benessere del prossimo (materiale e morale).
  2. Responsabilità: sono chiamati a dare delle risposte (etimologicamente il “responsum”), a non scansare le difficoltà e quindi trovarsi pronti in prima linea, a farsi carico della situazione.
  3. Impegno: hanno una forte motivazione interna, sono portati a dare il massimo perché l’energia proviene da loro stessi, vogliono fortemente dare un contributo alla causa.
  4. Fare la cosa giusta: si trovano quotidianamente a fare scelte e prendono piccole e grandi decisioni. Alcuni di loro affrontano piccoli o grandi dilemmi etici per la salute delle persone.

Nel nostro paese queste figure professionali sono spesso impiegate con contratti di lavoro precari, sottopagate e lavorano in condizioni non ottimali.  Sono coloro le cui professioni li mettono maggiormente a rischio contagio ed il cui lavoro garantisce la nostra sopravvivenza, come individui e come paese. Hanno accettato la Chiamata all’Avventura. La Posta in gioco è la loro vita e la nostra.  Si trovano di fronte il Nemico, l’Antagonista, il Virus. È un Nemico che non si vede, che non ha volto, inoltre non si sa esattamente chi e quali siano i suoi Ausiliari (fattori climatici? inquinamento? patologie pregresse nei soggetti? età avanzata?).

Gli Eroi ai tempi del Coronavirus sono scesi in campo con gli Aiutanti Magici che hanno a disposizione: mascherine, guanti, disinfettanti. Si scontrano con il Virus a colpi di spruzzino, di radiografie ai polmoni, di maschere per l’ossigeno, siringhe, respiratori. E soprattutto sono scesi in campo con le loro risorse personali, intellettuali ed emotive. Dando fondo a tutte le conoscenze apprese in anni di formazione e attività professionale. Fanno ricorso al loro strumento magico più importante, l’Intuito, che potrebbe condurli, con l’ausilio della sperimentazione, all’Elisir: la cura e il vaccino.

È un Viaggio che presenta molteplici battaglie (Prove): la lotta per la vita di ogni paziente, la lotta per ottenere i presidi e gli strumenti necessari, la lotta per approntare in tempi brevi nuovi ospedali, posti letto, per farci avere ogni giorno il cibo e le risorse necessarie per andare avanti, ecc. Se la cura e il vaccino rappresentano l’Elisir fisico, che si può vedere e toccare con mano, quale sarà l’Elisir intangibile? Quale Ricompensa l’Eroe porterà con sé alla fine del Viaggio?

Non possiamo fornire una risposta unica a questa domanda. Ogni Eroe compie il suo Viaggio, affronta l’ignoto e l’Avventura e torna alla vita quotidiana cambiato per sempre. È giunto in un Mondo Nuovo che prima non conosceva, si è confrontato con il nemico e le sue forze. Ha lottato e portato il suo contributo alla “guerra”, come molti han chiamato la Pandemia. Si è battuto per un mondo migliore e per trovare la sua Saggezza personale.

In fondo questo riguarda tutti noi, ognuno in modo diverso, quando siamo stati chiamati volenti o nolenti all’Avventura. Tutti noi dobbiamo compiere il Viaggio, pertanto ci spetta dare un senso alle Prove che stiamo affrontando, per giungere infine, in questa personale epopea della Pandemia, alla nostra risposta individuale. Ai tempi del Coronavirus ognuno di noi deve trovare il proprio Elisir.

Paolo Lorenzo Salvi & Sabrina Dimartino

coronavirus eroi

 

La fine del Viaggio dell’Eroe: il Trono di Spade

Gli eroi hanno vita dura ai giorni nostri e cambia anche il significato della loro esperienza eroica e di conseguenza la loro trasformazione. Vediamo come, alla luce di quanto avviene nella serie televisiva del Trono di Spade. Il Viaggio dell’Eroe è un archetipo narrativo che ispira le narrazioni umane sin dalla notte dei tempi, dai racconti ancestrali narrati attorno ad un falò tribale, sino alle moderne opere televisive e cinematografiche e addirittura alle numerose campagne di marketing basate sullo storytelling.

Il Viaggio dell’Eroe presenta degli elementi archetipici stabili, teorizzati dal saggista e storico delle religioni statunitense Joseph Campbell, che i fruitori di storie, più o meno consapevolmente, si aspettano di trovare in una narrazione, qualunque ne sia la forma (scritta, visiva, ecc.).

Si tratta dell’Eroe/Protagonista, la Chiamata all’Avventura, l’Iniziale Resistenza alla Chiamata, il Mentore che spinge l’Eroe a rispondere alla Chiamata, l’Attraversamento della Soglia (che porta l’Eroe dal suo mondo usuale a quello in cui si svolgerà l’Avventura), il Cattivo/Antagonista, l’Aiutante/i dell’Eroe (che può essere più o meno magico), l’Aiutante/i dell’Antagonista, la Prima Battaglia, la Battaglia Finale con relativa Ricompensa dell’Eroe e il Ritorno al suo mondo usuale portatore di un Elisir. Quest’ultimo può consistere anche in una saggezza o conoscenza acquisita durante l’Avventura, che accompagna il Protagonista, ormai inevitabilmente cambiato (in meglio), nel suo Ritorno a casa.

Molte narrazioni contemporanee, fondate su romanzi ispirati al Viaggio dell’Eroe, hanno raggiunto il successo planetario sugli schermi (grandi e piccoli), andando a prendere il proprio posto nel bagaglio immaginativo, artistico e culturale della civiltà occidentale e delle società raggiunte dai mezzi di comunicazione di massa. Oltre ai media tradizionali come veicolo narrativo, si aggiungono i social media (altro strumento su cui le storie vengono diffuse, pubblicizzate, discusse, acclamate e/o criticate, spesso anche ridicolizzate).

Parliamo soprattutto, ma non solamente, di saghe letterarie poi diventate cinematografiche e/o televisive. Tra le più famose e di successo: Star Wars, il Signore degli Anelli, the Twilight Saga, Harry Potter, the Hunger Games e Game of Thrones. La serie del Trono di Spade in particolare merita una analisi specifica per il nuovo significato che assume rispetto al tema del Viaggio dell’Eroe.

Forse nessun’altra epopea narrativa dei nostri giorni è stata tanto seguita, acclamata e amata da decine di milioni di persone in tutto il mondo, persone di ogni lingua, etnia, colore e fede. Il che rende la serie del Trono di Spade una specie di Iliade dei nostri tempi. Trasposta in Serie TV piuttosto fedelmente da “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di George R. R. Martin, la sua complessa pluralità di trame e personaggi ha accompagnato buona parte dell’attuale popolazione mondiale per otto stagioni.

Il finale tuttavia ha lasciato delusi molti dei suoi spettatori, dando vita a numerosissime pagine sui social dedicate alla critica e alla messa in ridicolo degli sceneggiatori. Che cosa è successo? Perché dopo otto stagioni entusiasmanti, le ultime due puntate hanno suscitato tante critiche fra gli appassionati?

Il fatto è che la serie del Trono di Spade, dopo aver fatto fedelmente uso degli elementi previsti dal Viaggio dell’Eroe, alla fine ha “tradito” l’archetipo, non conferendo alcuna Ricompensa – che fosse riconosciuta come tale dal pubblico – all’Eroe. Addirittura ci fa assistere alla trasformazione del personaggio principale e più amato da Eroe a mostro sanguinario, accecato dal potere e dalla vendetta.

Daenerys, la regina buona e bella, liberatrice di schiavi, rade al suolo a dorso di drago la città di Approdo del Re, nonostante questa si sia già arresa, con conseguente strage di civili. Nulla viene risparmiato al pubblico: stupri, madri e figli massacrati o sepolti dalle macerie. Improvvisamente il fantasy più amato ed evasione dalla realtà per milioni di spettatori, si trasforma proprio in uno spaccato della nostra realtà contemporanea, come una delle tante “guerre mediorientali” o “africanerecenti. Proprio come in questi conflitti, non ci sono più buoni e cattivi, ma solo corrotti dal potere e quindi colpevoli da una parte e vittime civili dall’altra.

vero eroe

Ormai è chiaro che Daenerys non può più essere il nostro Eroe. Per fortuna ci rimane ancora Jon Snow, il vero erede della casa Targaryen il quale, da eroe classico e buono, non desidera il potere che gli spetta di diritto, anche se sarebbe il sovrano migliore che i Sette Regni abbiano mai avuto. Dal punto di vista etico e morale Jon le azzecca tutte, assumendosi persino il compito straziante di togliere di mezzo Daenerys che ormai è totalmente fuori controllo e di cui, nel frattempo, si è innamorato. L’intervallo tra le due ultime puntate ci serve ad abituarci a questa triste necessità della trama, ormai inevitabile per l’economia della storia, e quasi ci consoliamo pregustando l’ascesa di Jon al trono (Ricompensa). Rimaniamo terribilmente delusi.

È tanto se Jon riesce a salvare la pelle. L’esercito di Daenerys pretende vendetta per l’omicidio della sua regina e Jon viene esiliato nella Fortezza Nera, unico modo in cui può scampare alla morte. Da qui procederà oltre, seguendo i Bruti nelle terre del ghiaccio, prendendosi almeno la tanto agognata libertà che ha sempre desiderato. Il trono va a Bran che per otto stagioni non ha fatto praticamente nulla per meritarlo e Sansa, altro personaggio di poco merito e poco eroismo, ottiene l’indipendenza del Nord, di cui diventa signora e padrona. Nemmeno Arya ottiene alcuna ricompensa, se non la libertà di andarsene dove vuole.

Non importa che gli spettatori del Trono di Spade siano degli esperti di storytelling. Tutti noi conosciamo istintivamente il paradigma narrativo del Viaggio dell’Eroe. È dentro di noi sin dalla nascita, tramandatoci, si può dire, insieme al DNA umano. Per questo il finale di Game of Thrones, visti i presupposti e lo svolgimento della trama, è risultato stridente e amaro. Ci riporta come uno schiaffo violento ai paradigmi della vita nel mondo attuale, nei quali il potere diventa l’unica Ricompensa, il fine giustifica i mezzi, le vittime sono la gente comune e gli eroi quasi mai vengono premiati, anzi pagano il prezzo, spesso alto, delle loro buone azioni. Dal viaggio dell’Eroe all’Epopea delle umane vicende.

Sabrina Dimartino