La fine del Viaggio dell’Eroe: il Trono di Spade

Gli eroi hanno vita dura ai giorni nostri e cambia anche il significato della loro esperienza eroica e di conseguenza la loro trasformazione. Vediamo come, alla luce di quanto avviene nella serie televisiva del Trono di Spade. Il Viaggio dell’Eroe è un archetipo narrativo che ispira le narrazioni umane sin dalla notte dei tempi, dai racconti ancestrali narrati attorno ad un falò tribale, sino alle moderne opere televisive e cinematografiche e addirittura alle numerose campagne di marketing basate sullo storytelling.

Il Viaggio dell’Eroe presenta degli elementi archetipici stabili, teorizzati dal saggista e storico delle religioni statunitense Joseph Campbell, che i fruitori di storie, più o meno consapevolmente, si aspettano di trovare in una narrazione, qualunque ne sia la forma (scritta, visiva, ecc.).

Si tratta dell’Eroe/Protagonista, la Chiamata all’Avventura, l’Iniziale Resistenza alla Chiamata, il Mentore che spinge l’Eroe a rispondere alla Chiamata, l’Attraversamento della Soglia (che porta l’Eroe dal suo mondo usuale a quello in cui si svolgerà l’Avventura), il Cattivo/Antagonista, l’Aiutante/i dell’Eroe (che può essere più o meno magico), l’Aiutante/i dell’Antagonista, la Prima Battaglia, la Battaglia Finale con relativa Ricompensa dell’Eroe e il Ritorno al suo mondo usuale portatore di un Elisir. Quest’ultimo può consistere anche in una saggezza o conoscenza acquisita durante l’Avventura, che accompagna il Protagonista, ormai inevitabilmente cambiato (in meglio), nel suo Ritorno a casa.

Molte narrazioni contemporanee, fondate su romanzi ispirati al Viaggio dell’Eroe, hanno raggiunto il successo planetario sugli schermi (grandi e piccoli), andando a prendere il proprio posto nel bagaglio immaginativo, artistico e culturale della civiltà occidentale e delle società raggiunte dai mezzi di comunicazione di massa. Oltre ai media tradizionali come veicolo narrativo, si aggiungono i social media (altro strumento su cui le storie vengono diffuse, pubblicizzate, discusse, acclamate e/o criticate, spesso anche ridicolizzate).

Parliamo soprattutto, ma non solamente, di saghe letterarie poi diventate cinematografiche e/o televisive. Tra le più famose e di successo: Star Wars, il Signore degli Anelli, the Twilight Saga, Harry Potter, the Hunger Games e Game of Thrones. La serie del Trono di Spade in particolare merita una analisi specifica per il nuovo significato che assume rispetto al tema del Viaggio dell’Eroe.

Forse nessun’altra epopea narrativa dei nostri giorni è stata tanto seguita, acclamata e amata da decine di milioni di persone in tutto il mondo, persone di ogni lingua, etnia, colore e fede. Il che rende la serie del Trono di Spade una specie di Iliade dei nostri tempi. Trasposta in Serie TV piuttosto fedelmente da “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di George R. R. Martin, la sua complessa pluralità di trame e personaggi ha accompagnato buona parte dell’attuale popolazione mondiale per otto stagioni.

Il finale tuttavia ha lasciato delusi molti dei suoi spettatori, dando vita a numerosissime pagine sui social dedicate alla critica e alla messa in ridicolo degli sceneggiatori. Che cosa è successo? Perché dopo otto stagioni entusiasmanti, le ultime due puntate hanno suscitato tante critiche fra gli appassionati?

Il fatto è che la serie del Trono di Spade, dopo aver fatto fedelmente uso degli elementi previsti dal Viaggio dell’Eroe, alla fine ha “tradito” l’archetipo, non conferendo alcuna Ricompensa – che fosse riconosciuta come tale dal pubblico – all’Eroe. Addirittura ci fa assistere alla trasformazione del personaggio principale e più amato da Eroe a mostro sanguinario, accecato dal potere e dalla vendetta.

Daenerys, la regina buona e bella, liberatrice di schiavi, rade al suolo a dorso di drago la città di Approdo del Re, nonostante questa si sia già arresa, con conseguente strage di civili. Nulla viene risparmiato al pubblico: stupri, madri e figli massacrati o sepolti dalle macerie. Improvvisamente il fantasy più amato ed evasione dalla realtà per milioni di spettatori, si trasforma proprio in uno spaccato della nostra realtà contemporanea, come una delle tante “guerre mediorientali” o “africanerecenti. Proprio come in questi conflitti, non ci sono più buoni e cattivi, ma solo corrotti dal potere e quindi colpevoli da una parte e vittime civili dall’altra.

vero eroe

Ormai è chiaro che Daenerys non può più essere il nostro Eroe. Per fortuna ci rimane ancora Jon Snow, il vero erede della casa Targaryen il quale, da eroe classico e buono, non desidera il potere che gli spetta di diritto, anche se sarebbe il sovrano migliore che i Sette Regni abbiano mai avuto. Dal punto di vista etico e morale Jon le azzecca tutte, assumendosi persino il compito straziante di togliere di mezzo Daenerys che ormai è totalmente fuori controllo e di cui, nel frattempo, si è innamorato. L’intervallo tra le due ultime puntate ci serve ad abituarci a questa triste necessità della trama, ormai inevitabile per l’economia della storia, e quasi ci consoliamo pregustando l’ascesa di Jon al trono (Ricompensa). Rimaniamo terribilmente delusi.

È tanto se Jon riesce a salvare la pelle. L’esercito di Daenerys pretende vendetta per l’omicidio della sua regina e Jon viene esiliato nella Fortezza Nera, unico modo in cui può scampare alla morte. Da qui procederà oltre, seguendo i Bruti nelle terre del ghiaccio, prendendosi almeno la tanto agognata libertà che ha sempre desiderato. Il trono va a Bran che per otto stagioni non ha fatto praticamente nulla per meritarlo e Sansa, altro personaggio di poco merito e poco eroismo, ottiene l’indipendenza del Nord, di cui diventa signora e padrona. Nemmeno Arya ottiene alcuna ricompensa, se non la libertà di andarsene dove vuole.

Non importa che gli spettatori del Trono di Spade siano degli esperti di storytelling. Tutti noi conosciamo istintivamente il paradigma narrativo del Viaggio dell’Eroe. È dentro di noi sin dalla nascita, tramandatoci, si può dire, insieme al DNA umano. Per questo il finale di Game of Thrones, visti i presupposti e lo svolgimento della trama, è risultato stridente e amaro. Ci riporta come uno schiaffo violento ai paradigmi della vita nel mondo attuale, nei quali il potere diventa l’unica Ricompensa, il fine giustifica i mezzi, le vittime sono la gente comune e gli eroi quasi mai vengono premiati, anzi pagano il prezzo, spesso alto, delle loro buone azioni. Dal viaggio dell’Eroe all’Epopea delle umane vicende.

Sabrina Dimartino

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