Intelligenza emotiva e riuscita sociale

Se andiamo all’essenza di questa fondamentale competenza, l’intelligenza emotiva si può definire come la capacità di percepire, comprendere e regolare i propri stati d’animo e le proprie emozioni. Un grande passo avanti nel considerare speciale questo tipo di intelligenza è stato il superamento del primato, nel mondo del lavoro, delle sole capacità intellettuali e delle conoscenze tecniche. L’intelligenza analitica ed i saperi specialistici sono elementi necessari per svolgere il ruolo assegnato ma non sono determinanti per raggiungere l’eccellenza lavorativa.

La nostra intelligenza emotiva è ritenuta sia in ambito formativo e sia nel coaching l’elemento cruciale, un vero e proprio “X factor”, per la riuscita sociale di una persona. Ciò che ci fa progredire nella vita è la capacità di comunicare con gli altri, la sensibilità interpersonale, l’empatia e la capacità di dare e ricevere segnali emozionali. Saper cogliere il flusso dei rapporti umani nei quali siamo immersi e la loro valenza relazionale e affettiva non dipende dalla razionalità.

Non si tratta di reprimere l’emotività ritenendo in tal modo di poterla controllare, oppure di sopprimere quelle che riteniamo emozioni negative e incoraggiare le emozioni positive. Come scriveva lo psichiatra e ricercatore Servan-Schreiber:

Ciò che di fatto limita il successo delle persone non è tanto il basso livello di conoscenza matematica o la scarsa abilità nel manipolare rapidamente i concetti astratti, ma piuttosto delle cose più semplici come il pestare i piedi agli altri, il rendere infelici i propri collaboratori o l’inasprire talmente i rapporti che il gruppo di cui si è parte non può funzionare come una squadra” (Servan-Schreiber, 1998)

Daniel Goleman ha condotto studi e ricerche in centinaia di aziende ed ha enfatizzato che l’Intelligenza emotiva diventa cruciale quanto più è alto il livello manageriale che una persona detiene nell’organizzazione. A differenza del Quoziente Intellettivo (QI), che si modifica poco una volta superata l’adolescenza, l’intelligenza emotiva (secondo Goleman) pare sia frutto di un apprendimento continuo in relazione ai nostri vissuti, se sappiamo renderli fonte di crescita personale.

Salovey e Mayer hanno  utilizzato il termine intelligenza emotiva per la prima volta nel 1990, con il fine di descrivere un modello di intelligenza basato su 4 diversi livelli di abilità che ora andiamo ad esplorare.

  1. Identificare le emozioni: la capacità di identificare le proprie emozioni e di rilevare quelle altrui attraverso le espressioni del viso, la voce o la sensibilità alle situazioni. L’identificazione ci permette l’elaborazione delle informazioni emotive.
  2. Utilizzare le emozioni: la persona emotivamente intelligente può migliorare le sue azioni lavorando sugli stati d’animo.  Si tratta della capacità di utilizzare le emozioni per facilitare le attività conoscitive, la creatività e il problem solving.
  3. Comprendere le emozioni: è la capacità di poter interpretare il linguaggio emotivo e di riconoscere i rapporti che intercorrono tra le emozioni.
  4. Gestire le emozioni: è la capacità di intervenire sulle proprie azioni quando rispondiamo alle nostre emozioni e a quelle che esprimono gli altri.

Il potere dell’intelligenza emotiva è di portarci a comprendere i nostri comportamenti e farci riflettere su noi stessi e sugli altri.  La persona emotivamente intelligente regola le proprie emozioni per raggiungere gli obiettivi che le stanno veramente a cuore.

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